Inizia a Copenaghen la
15a Conferenza sul Clima.apri
Ci siamo. Dopo tanti incontri preliminari, proclami e previsioni, comincia oggi a Copenaghen un appuntamento importante per il nostro futuro.
Fino al 18 dicembre i paesi della CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI cercheranno un accordo per la riduzione dei gas serra.
Prima ci fu il Protocollo di Kyoto, poi una serie di documenti meno significativi, ora si confida in un nuovo accordo realmente vincolante e il più possibile condiviso.
In realtà le premesse sembrano anticipare una sfida “tutti contro tutti” che farebbe bene solo al nemico comune. Il rischio è di un ennesimo nulla di fatto generato dal conflitto economico tra le parti che, ancora una volta, potrebbe far passare in secondo piano il vero obiettivo della conferenza: salvare la terra.
E’ difficile concentrare l’attenzione in una battaglia a così lungo termine che si perde in parole e progetti e con una percezione del problema che, nonostante i numerosi segnali, non è ancora diffusa.
Eppure la definizione stessa di clima (condizioni di temperatura, umidità, precipitazioni, ecc. che influenzano la struttura e la funzionalità degli ecosistemi) contiene la chiave di lettura corretta: c’è in ballo la vita di tutti gli organismi e quindi anche la nostra.
Le alterazioni del clima rappresentano pericolosi cambiamenti a livello globale (es. aumento temperatura e diversa distribuzione delle precipitazioni) che causano:
− alluvioni e eventi meteorici di eccezionale gravità
− siccità e carestie con aggravamento dei problemi alimentari delle popolazioni povere
− ampliamento area di diffusione di malattie, soprattutto quelle trasportate da insetti
Cosa succederà a Copenaghen? Difficile anticiparlo.
Gli obiettivi sono giustamente ambiziosi: c’è chi parla del 350 e cioè del livello di parti per milione di Co2 che rappresenta per i tecnici il limite massimo accettabile dall’atmosfera.
Per molti solo la definizione di questo limite potrebbe rappresentare il successo dell’assemblea di Copenaghen. In termini di temperatura l’obiettivo dovrebbe essere quello di mantenere il riscaldamento globale entro i due gradi rispetto all’era pre-industriale.
L’Europa è internamente divisa: la ripartizione degli oneri necessari al progetto di riduzione delle emissioni e di contemporaneo aiuto ai paesi più poveri, viene fortemente criticata dai paesi dell’est, con la Polonia in testa, che si considerano “in sviluppo” rispetto alle più “vecchie” potenze europee.
Ognuno dovrà fare la sua 'giusta' parte..
Brasile, Bolivia e Ecuador (che si era già distinto inserendo nella propria costituzione la difesa della Madre Terra”Pachamama”) sembrano più coraggiosi e coordinati, abbinando programmi di sviluppo, giustizia sociale, autodeterminazione dei popoli indigeni e sovranità alimentare.
Cina ed USA rappresentano le incognite più grandi ed in realtà le più significative numericamente.
In Italia: continua 'In marcia per il clima': unione di ONG, associazioni ambientaliste, ecc. pronte a scendere in piazza (100 piazze per il clima)
A livello locale cosa si può fare? La nostra giusta parte:
- contemporanea diminuzione delle emissioni e dei consumi
- trasformazione di economia e sistema trasporti
- conservazione patrimonio arboreo e nuove piantumazioni (sviluppando il mercato dei crediti)
Link sull’argomento:
- Verdi europei: lacampagna Stop climate change, play your part
- l’ironico Climate circus
- Verdi.it: le notizie
- Terra news: lo speciale
- Wwf: Vota la terra e manda il tuo messaggio a Copenaghen
15a Conferenza sul Clima.apri
Ci siamo. Dopo tanti incontri preliminari, proclami e previsioni, comincia oggi a Copenaghen un appuntamento importante per il nostro futuro.
Fino al 18 dicembre i paesi della CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI cercheranno un accordo per la riduzione dei gas serra.
Prima ci fu il Protocollo di Kyoto, poi una serie di documenti meno significativi, ora si confida in un nuovo accordo realmente vincolante e il più possibile condiviso.
In realtà le premesse sembrano anticipare una sfida “tutti contro tutti” che farebbe bene solo al nemico comune. Il rischio è di un ennesimo nulla di fatto generato dal conflitto economico tra le parti che, ancora una volta, potrebbe far passare in secondo piano il vero obiettivo della conferenza: salvare la terra.
E’ difficile concentrare l’attenzione in una battaglia a così lungo termine che si perde in parole e progetti e con una percezione del problema che, nonostante i numerosi segnali, non è ancora diffusa.
Eppure la definizione stessa di clima (condizioni di temperatura, umidità, precipitazioni, ecc. che influenzano la struttura e la funzionalità degli ecosistemi) contiene la chiave di lettura corretta: c’è in ballo la vita di tutti gli organismi e quindi anche la nostra.
Le alterazioni del clima rappresentano pericolosi cambiamenti a livello globale (es. aumento temperatura e diversa distribuzione delle precipitazioni) che causano:
− alluvioni e eventi meteorici di eccezionale gravità
− siccità e carestie con aggravamento dei problemi alimentari delle popolazioni povere
− ampliamento area di diffusione di malattie, soprattutto quelle trasportate da insetti
Cosa succederà a Copenaghen? Difficile anticiparlo.
Gli obiettivi sono giustamente ambiziosi: c’è chi parla del 350 e cioè del livello di parti per milione di Co2 che rappresenta per i tecnici il limite massimo accettabile dall’atmosfera.
Per molti solo la definizione di questo limite potrebbe rappresentare il successo dell’assemblea di Copenaghen. In termini di temperatura l’obiettivo dovrebbe essere quello di mantenere il riscaldamento globale entro i due gradi rispetto all’era pre-industriale.
L’Europa è internamente divisa: la ripartizione degli oneri necessari al progetto di riduzione delle emissioni e di contemporaneo aiuto ai paesi più poveri, viene fortemente criticata dai paesi dell’est, con la Polonia in testa, che si considerano “in sviluppo” rispetto alle più “vecchie” potenze europee.
Ognuno dovrà fare la sua 'giusta' parte..
Brasile, Bolivia e Ecuador (che si era già distinto inserendo nella propria costituzione la difesa della Madre Terra”Pachamama”) sembrano più coraggiosi e coordinati, abbinando programmi di sviluppo, giustizia sociale, autodeterminazione dei popoli indigeni e sovranità alimentare.
Cina ed USA rappresentano le incognite più grandi ed in realtà le più significative numericamente.
In Italia: continua 'In marcia per il clima': unione di ONG, associazioni ambientaliste, ecc. pronte a scendere in piazza (100 piazze per il clima)
A livello locale cosa si può fare? La nostra giusta parte:
- contemporanea diminuzione delle emissioni e dei consumi
- trasformazione di economia e sistema trasporti
- conservazione patrimonio arboreo e nuove piantumazioni (sviluppando il mercato dei crediti)
Link sull’argomento:
- Verdi europei: lacampagna Stop climate change, play your part
- l’ironico Climate circus
- Verdi.it: le notizie
- Terra news: lo speciale
- Wwf: Vota la terra e manda il tuo messaggio a Copenaghen